venerdì 3 gennaio 2014

Regalare la cosa più preziosa che esiste: "IL PROPRIO TEMPO".

In pochi ci pensano però il dono più prezioso che si può fare a Natale è il tempo, il proprio tempo. Se proprio non ci viene in mente niente, proviamo a regalarlo: una cosa tipo”buono per 50 ore del mio tempo, valido per un anno”: varrà per tenere i bambini della coppia di amici che non esce più da un secolo; per fare la spesa alla nonna; tenere compagnia a un malato in una casa di cura; giocare a carte con la mamma; ascoltare un amica in crisi che abbiamo perso un po’ di vista, ; oppure donarlo ad una associazione di volontariato tipo accompagnare gli anziani a fare delle visite mediche, a fare la spesa; dedicarne un po di più ai figli alla moglie o addirittura a se stessi, e si, non abbiamo mai tempo . Ah, ricordiamoci poi di essere flessibili, mica che finite le 50 ore ci eclissiamo.

Il valore, il senso e il peso delle parole


Qualche volta dovremmo rifletter sulle parole, assumerci la responsabilità di quello che diciamo e di come lo diciamo. Noi non ci rendiamo conto ma le parole hanno oltre che un peso specifico, la straordinaria capacità di “creare” la realtà, “distorcere” la realtà o addirittura “negare” la realtà, non semplicemente descriverla. A volte si usano le parole dell’interlocutore per riversargliele addosso (tutto quello che dirai, sarà usato contro di te.)

E invece, con un senso di profonda irresponsabilità tutta nostrana, nella faciloneria con cui pensiamo sempre che si possa dire quello che ci passa per la mente, senza alcuna riflessione su “che significa e cosa crea” quello che stiamo per dire, si creano gli scenari più incredibili, si può seminare odio per distruggere i nemici, e si può interpretare la parola a proprio comodo o per il proprio tornaconto.

Non contenti, abbiamo consentito che fossimo governati dalla dialettica razzista, per cui le colpe dei nostri mali sono sempre degli altri, dei meridionali, degli albanesi, dei cinesi, dell’Europa, dei rom, e chiunque diverso da non si sa bene chi andava bene per ogni occasione.

Come tifosi di squadre di calcio in un perenne campionato la dialettica dell’odio ormai ci appartiene al punto che non sappiamo non solo farne a meno, ma non conosciamo una sintassi differente per affrontare le questioni e declinare la realtà.

Perché, l’arbitro venduto, il rigore non dato, il fallo non fischiato, sono sempre cose che riguardano un vantaggio per l’altra squadra, mai la nostra.

Immancabile, la chiosa sul richiamo al senso di responsabilità, che però riguarda sempre quello che dovrebbero fare gli altri e mai guardando in casa nostra.

Sarebbe un vero atto di onorabile umiltà, smetterla con le parole, e lasciare un po’ di spazio al silenzio, senza il bisogno spasmodico di dire al propria sempre e su tutto e di sfruttare anche quest’occasione per dire la propria ed emergere.

E ce ne dovremmo ricordare anche di più in tempi in cui gli strumenti della comunicazione sono tanti, rapidissimi, e senza controllo, e in cui le parole, la diffusione dei messaggi, corre a una velocità tale da non dare tempo alle riflessioni.